paesaggi in miniatura

 

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Tutti conoscono più o meno i bonsai, quelle piccole miniature vegetali coltivate in vassoi di ceramica con l’intento di riprodurre, con armonia, le forme mature e contorte di alberi e pietre su piccoli tappeti di muschi.

Malgrado la parola “bon-sai” sia di origine giapponese (da penzai, coltivazione in vaso) è un’arte antica di origine cinese, sviluppata intorno al 700 d.C..

 

 

Quianling, Tomba del principe Zhang Huai, una delle prime raffigurazioni di un paesaggio su vassoio. pittura murale dell'VIII secolo
Quianling, Tomba del principe Zhang Huai, una delle prime raffigurazioni di un paesaggio su vassoio.
pittura murale dell’VIII secolo

 

 

Il “pun-tsai”, da pen o pun che significa vassoio, era un’arte elitaria, per pochi, per cui  queste piccole composizioni erano oggetto di lussuosi regali che la corte cinese si scambiava.

Ma ancora prima, sempre  proveniente dalla Cina, si diffuse in Giappone e in Corea l’arte di dar forma alle rocce, chiamata anche Suiseki o “pietre figuranti” o ancora “pietre in forma di paesaggio”, composizioni di pietre collocate su supporti di legno,  o su dei vassoi che con la loro forma assecondavano la scultura stessa.

 

immagine tratta da http://www.bonsaiempire.it/galleria/2011.
immagine tratta da http://www.bonsaiempire.it/galleria/2011.

 

 

Secondo il soggetto e la composizione delle pietre il Suiseki cambia nome e di volta in volta descrive persone, animali, architetture, alberi, paesaggi, la neve, il sole o anche immagini celesti.

La miniatura ha poi un forte legame con il Taoismo e le sue pratiche: attraverso il lavoro di riproduzione di forme reali in piccole riproduzioni si poteva sperare di arrivare a possedere delle proprietà magiche che permettevano una maggiore longevità. Per intenderci, si riesco nella replica di un paesaggio costruendo una sua miniatura, allora ho costruito una sorta di scrigno che contiene tutte le forze vitali dell’universo.

In Cina il Suiseki è chiamato Gongshi e sono in realtà delle rocce che, come nei giardini secchi, sono esposte all’interno delle dimore per essere utilizzate nella contemplazione.

 

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Il legame di questa arte poi con il giardino zen giapponese è proprio sull’evocazione dell’equilibrio attraverso la ricerca degli opposti e della asimmetria in un gesto sintetico.

 

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In Cina quindi si sviluppa una ulteriore arte, il Penjing, il paesaggio in vaso, una pratica di costruzione di paesaggi rocciosi declinati a loro volta in tre categorie (poi a loro volta suddivise in una serie di numerosi stili) secondo l’uso e l’introduzione nelle composizioni di altri elementi oltre alla roccia: l’acqua che diventa la base della piccola scena è protagonista nel shanshui penjing mentre l’introduzione di piante potate ed allevate in forme definite compone il shumu penjing mentre queste due tipologie fuse insieme genera il terzo tipo di miniatura dove sono presenti acqua, piante e rocce, il shuihan penjing.

 

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Un piccolo mondo che replica le immagini naturali, concentra le vedute, costruisce panorami, modella forme viventi ricordando che il tempo, l’acqua e il vento modellano i nostri paesaggi, la nostra terra.

 

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Non saranno di pietra ma il lavoro di  che l’artista canadese Guy Laramee fa con vecchi libri intagliandoli come se fossero miniature di paesaggio è molto prossimo ai paesaggi in vassoio di antica memoria.

 

 

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fonte immagine: http://www.guylaramee.com/

 

 

 

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fonte immagine: http://www.guylaramee.com/

 

 

Le pagine sono scavate, erose, bruciate formando piani inclinati che modellano veri e propri scenari. Come in una sorta di analogia, le pagine che si stratificano e che costruiscono lo scrigno dei saperi si materializzano in forme che evocano altre stratificazioni, quelle della sedimentazione delle rocce che a loro volta costruiscono i nostri paesaggi.

 

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fonte immagine: http://www.guylaramee.com/

 

 

In questo gioco di rimandi e analogie l’azione del taglio e del modellamento tramite il fuoco e l’incisione di questi scenari di carta è, a mio avviso, in similitudine con quello che realizza il dinamismo dell’acqua e del vento che modellano a loro volta, le rocce dei nostri paesaggi terrestri.

 

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il giardino di ryoanjis fonte immagine: http://www.guylaramee.com/

 

 

 

Insieme a queste miniature di giardini di pietra e di carta ecco che spunta una piccola torta che ha lo spirito di evocare i paesaggi di antica derivazione taoista, questa volta però realizzati con scaglie di cioccolata annegate in una morbida panna.

 

 

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La torta, una red velvet (un mio cavallo di battaglia) è stata ricoperta da una meravigliosa panna professionale che era una bontà, oltre che una sicurezza sulla tenuta delle forme.

 

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Red velvet

ingredienti per la red velvet

  • 250 gr di farina 00
  • 240 ml di latticello (io lo faccio con metà dose di latte e metà dose di yogurt)
  • 2 uova a temperatura ambiente
  • 110 gr di burro ammorbidito
  • 360 gr di zucchero semolato
  • due cucchiaini di colorante rosso in polvere (lo preferisco)
  • due cucchiai di cacao amaro in polvere
  • un cucchiaino di lievito
  • un cucchiaino di estratti di vaniglia
  • un cucchiaino di aceto bianco di mele
  • un cucchiaino di bicarbonato
  • un pizzico di sale

 

ingredienti per la copertura

  • un litro di panna da montare
  • 300 gr di cioccolato fondente al 70%

 

procedimento

  • setacciare la farina con il lievito , il cacao, e il sale
  • mescolare in una ciotola il latte con lo yogurt e mettere il colorante rosso
  • lavorare a spuma lo zucchero e il burro ammorbidito
  • aggiungere al composto un uovo per volta e mescolare finchè non si è amalgamato perfettamente prima di aggiungere il successivo
  • aggiungere l’estratto di vaniglia
  • aggiungere in modo alterno la farina e il latticello (tre volte) e mescolare bene
  • in un bicchiere mescolare il bicarbonato con l’aceto e aggiungere velocemente al composto e mescolare delicatamente
  • a questo punto vedrete che la pasta si è un po’ montata
  • versare subito in una teglia dai bordi alti (diam. circa 22 cm) già imburrata e spolverata di farina
  • infornare a forno già caldo a 180°C per circa 25 minuti o vale la prova stuzzicadente
  • togliere dal forno a cottura ultimata e far raffreddare su una gratella

 

  • nel frattempo montare la panna e preparare le scaglie di cioccolato
  • tritare la cioccolata e farla fondere in un pentolino (bisogna fare il temperaggio….)
  • una volta fatte tutte le operazioni di temperatura del temperaggio stendere la cioccolata liquida su un pezzo di carta forno e livellarla
  • ho poi piegato in fasce larghe il foglio e posto la cioccolata in frigo
  • una volta solidificata si possono spezzettare i fogli di cioccolata per creare la decorazione/copertura …. qui non vi posso aiutare, dovete far uscire l’artista che è in voi…. 😉
  • tagliare in due la red velvet e farcirla con la panna (un terzo di ciò che abbiamo a disposizione del litro)
  • ricoprire poi la torta con la rimanente panna usando una spatola piatta e realizzare motivi a “giardino zen…..”
  • finire la decorazione con le scaglie di cioccolata che devono essere poste a costruzione di un paesaggio scenografico.

 

facile no?

 

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6 Comments

  • 11 anni ago

    🙂

  • 11 anni ago

    e in Cina, nel girdino dei bonsai di Suzhou, ci sono stata a passeggiare in silezio, ma non conoscevo l’arte del suiseki. Grazie, è dolce la cultura! 🙂
    besos
    Sally

  • 11 anni ago

    🙂

  • 11 anni ago

    🙂 pannoso risveglio allora! 🙂

  • 11 anni ago

    Il tuo blog e’ cultura, grazie Monica, mi e’ piaciuto tanto, la torta e’ magnifica, stanotte sognero’ bonsai, cina, ciocciolata e panna, un abbraccio grandissimo!!!Laura.

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