Una cake, il paesaggio caprese, Villa Malaparte e un romanzo rosa.
Prese il tablet e scrisse: «Il mio sogno nell’isola dei sogni».
Poteva essere un buon inizio per la storia che doveva raccontare.
E qui inizia la storia di Mel, giovane blogger che arriva nella famosa isola per scrivere l’autobiografia di un altrettanto famoso chef.
Il romanzo delle scrittrici e sceneggiatrici Elisabetta Flumeri e Gabriella Giacometti, I Love Capri, inizia proprio con un sogno, quello di una piccola blogger che sogna la pubblicazione del suo libro sui Giardini di vetro ma che si ritrova, grazie proprio alla sua passione per la scrittura e la cucina, catapultata nell’incantevole isola campana.
Un romanzo rosa la cui trama è composta di tre componenti/ingredienti: un bel paesaggio italiano, la buona cucina regionale italiana e una storia d’amore che lega luoghi e personaggi.
Qualche ora di lettura spensierata, di evasione, una lettura che a dispetto di qualunque età ti catapulta in un tempo fermo, quello dell’innamoramento.
Uno dei primi incontri capresi che la protagonista fa non è con il suo lui futuro ma è quello con i profumi dei dolci isolani, il profumo del rum del babà o quello della dei limoni:
Era la sua prima volta a Capri […] si era incamminata per via Vittorio Emanuele, quando avvertì un dolce profumo di cialde. Si guardò intorno per capire da dove provenisse. La blogger che era in lei si incuriosì e seguì quella scia odorosa, fino ad arrivare alla porta di una piccola pasticceria, davanti alla quale si snodava una lunga fila di persone in attesa. Dietro il bancone, una simpatica ragazza del luogo preparava, fra una battuta e l’altra, delle cialde bollenti con la pastella, riempiendole poi con il gelato scelto dai clienti. Anche se ad attirarla era stato soprattutto quel dolce aroma, tutta la sua attenzione fu catturata dalla vetrina, dove facevano bella mostra pastiere, babà, tortine di limone e bignè alla crema, al cioccolato, alla panna. Subito fu rapita da un enorme vassoio di caprilù: i dolcetti, disposti ad arte uno vicino all’altro, disegnavano la sagoma dell’isola, con tanto di faraglioni e insenature.
E se è scontato in un romanzo rosa l’ingrediente emozionale, quello per l’altro, incuriosisce quello per le tradizioni culinarie regionali e meraviglia ancora di più quello per il paesaggio, ma non un paesaggio scontato, riprodotto da migliaia di cartoline e fotografie, ma quello meno visto, meno indagato e descritto, che le due scrittrici ci regalano in alcuni passi del romanzo:
Lasciò la Piazzetta, le boutique, i turisti che sciamavano nei locali e si inoltrò nel reticolo dei vicoli, tra le piccole case bianche che facevano a gara nell’esibire le piante e i fiori più rigogliosi, i muri a secco e i cancelletti incorniciati di maioliche azzurre.
Ora, lontana dagli itinerari turistici e dal vocio fastidioso dei gruppi organizzati, Mel provava una sconosciuta sensazione di benessere, si sentiva accolta, cullata da quell’aria dolce e profumata, da quei colori che tingevano il suo animo di allegria, da quella luce che le sembrava illuminare ogni cosa in modo nuovo e meraviglioso.
Se Capri rappresentava il volto mondano dell’isola, il paese arroccato sotto il Monte Solaro aveva sicuramente un sapore più genuino e decisamente più consono a lei. […]
Sotto di lei le casette di Capri e Anacapri, disseminate alle pendici del Monte solaro, poi rocce bianche a contrasto con la macchia mediterranea verde intenso, alternata a distese di ginestre in fiore, di un giallo luminoso e abbaccicante. Dall’altro lato, sovrano, il mare. Di un blu cangiante che nessun artista sarebbe riuscito a riprodurre. […]
Per un attimo credette di avere una visione. Davanti a lei, in cima a una roccia a picco sul mare, sorgevano le rovine di un castello. Era bellissimo. […] Man mano che si avvicinavano, le parve infatti che l’aria fosse agitata da un fremito colorato.
[…] «Piano, così non le disturbiamo. » […] Erano farfalle, centinaia di farfalle. Grandi, piccole, coloratissime. Ovunque. Sui fiori, intorno a loro. […] «Il giardino delle farfalle […] Ogni primavera ritornano. Tra loro e le orchidee c’è un legame inscindibile, hanno bisogno le une delle altre per esistere.»
Il paesaggio descritto non è quello dei Faraglioni o della famosissima piazzetta, o della Grotta Azzurra, ma quello del Monte Solaro il rilievo più importante dell’isola e di un piccolo e particolare habitat la cui vegetazione, tipica della macchia mediterranea, è composta da oltre novecento specie diverse di piante.
Dalla cima di questa altura calcarea si può ammirare un paesaggio mozzafiato, i golfi di Napoli e Salerno che si uniscono in una lunga linea abbracciata da un unico sguardo.
Su uno dei fianchi del monte sorge il Castello Barbarossa, una costruzione difensiva del Ducato di Amalfi costruito nel IX secolo, immerso in un’Oasi WWF che al suo interno ha un “sentiero della natura” dove è possibile immergersi nel Giardino delle farfalle, un’ampia area che, grazie alle splendide fioriture primaverili della macchia, è popolata e colorata ulteriormente dalla lievità di centinaia di farfalle.
Un motivo in più per una piccola vacanza a Capri.
Per la prima presentazione romana del libro a maggio scorso, Cakegardenproject ha ideato una landscapecake, una torta paesaggio che ricostruisce uno dei punti più suggestivi della costa, un connubio perfetto tra l’architettura della natura e quella dell’artificio, tra le morbide e scultoree masse di vegetazione, le rocce e il volume perfetto dell’architettura di villa Malaparte.
La villa, di Curzio Malaparte fu realizzata tra il 1938 e il 1942 a Capo Masullo, un lungo sperone praticamente davanti ai Faraglioni che fu comprato dallo scrittore nel 1936 per dodicimila lire.
Casa Malaparte è uno dei capolavori dell’architettura italiana moderna, un organismo integrato con il paesaggio in modo tale da sembrare indissolubile con le forme della roccia.
Fu grazie all’amicizia di Malaparte con Galeazzo Ciano, amante di Capri, che lo scrittore ebbe tutti i permessi per realizzare la sua casa in una posizione di alto pregio paesaggistico. Come dire corsi e ricorsi della storia.
Il progetto da molti ritenuto per molto tempo opera di Adalberto Libera, amico di Malaparte, è invece opera dello stesso scrittore che mandò le sue idee e i suoi disegni ad un architetto viareggino, Uberto Bonetti che li tradusse in progetto e seguì la realizzazione. Con Libera ci furono probabilmente lunghe chiacchierate, qualche disegno e molti litigi.
“Casa come me” era il nome che Malaparte dette alla sua villa, un lungo e stretto parallelepipedo composto da un ampio salone con quattro finestre panoramiche buttate nel blu del mare, uno studio, una stanza da letto, un piccolo appartamento per la sua “favorita” del momento e un altro piccolo appartamento per gli ospiti.
Il parallelepipedo, rivestito da un intonaco rosso mattone, ha una copertura piana che funziona da terrazza solarium alla quale si accede da una scalinata monumentale che scompare quasi nella massa della vegetazione.
“…a mano a mano che il fiume s’avvicina alla città… mi piacerebbe che scivolasse via lungo le mura rossastre, accarezzando pigramente le pietre dal bel colore di sangue raggrumato..” “Ben cinque porte aprirei nelle alte mura: una per ciascun vento… una porta per il tramontano, una per lo scirocco, una per il libeccio, un’altra per il grecale, e la quinta per quel venticello di stagione che soffia quando gli pare…”
“Le case le vorrei tutte di bella pietra, ben squadrate, con le altane aperte sui golfi del cielo..” (tratto da una testimonianza di Edda Ronchi Suckert – sorella dello scrittore – in E. Ronchi Suckert, Malaparte, vol. V (1940-1941), Ponte alle Grazie, Firenze 1992)
Questa è la visione che lo scrittore descrive della sua casa ideale, ed in effetti la Casa Malaparte è riconoscibile già nel pensiero in queste righe.
L’architettura si fonde quasi con la natura, costruendo una nuova forma, una linea che da sinuosa diventa tagliente sulla punta, verso il mare, una forma drammatica che costruisce un nuovo e inteso paesaggio.
La bellissima scalinata, un elemento quasi metafisico, è probabilmente una citazione di quella della chiesetta dell’Annunziata di Lipari dove lo scrittore soggiornò per un anno forzatamente dopo la sua caduta in disgrazia e l’arresto ordinato da Mussolini nel 1933.
La villa doveva essere donata alla Repubblica Popolare Cinese dopo la morte dello scrittore e doveva, a sua volta, essere destinata a casa per artisti cinesi residenti in Italia per studio, ma dopo una lunga battaglia legale con gli eredi (vinta da quest’ultimi) è diventata proprietà della Fondazione Ronchi e chiusa al pubblico.
Per la mia landscapecake, omaggio a Capri e al romanzo I Love Capri, ho quindi ricreato questa punta rocciosa sulla quale si fonde la Casa Malaparte e, come in un gioco di contrasti, ho realizzato una sorta di non luogo posizionando sull’altra estremità della cake il famoso Giardino delle farfalle che in realtà si trova altrove, in un altro settore dell’isola.
Naturalmente la torta era tutta profumata al limone, dalla base della Madeira cake alle creme per la farcia.
E se domani, 29 agosto siete a Capri, c’è la presentazione di fine estate di questo spensierato romanzo dove c’è un po’ del mio luogo virtuale:
«Perché non mi racconti come è nata l’idea del tuo blog?»
Mel rispose con un’altra domanda.
«Cosa ti ha colpito?» […]
«Mi piace l’idea che mescoli più linguaggi. Tu parli di cucina, ma anche della cultura del nostro Paese, dell’arte, della natura. E poi si sente la passione.» […]
«Hai già trovato la risposta», gli disse. «È il modo per mettermi in gioco, per confrontarmi con il mondo. È un contenitore di appunti, di riflessioni. Ho sempre amato preparare dolci, adoro i giardini, la scultura e l’arte in genere. Cake Garden è la mia sala da tè privata. Incontro i miei amici, ascolto le loro critiche, colgo le loro sfide…»
(tratto da Flumeri & Giacometti, I love Capri, Sperling & Kupfer, Milano, 2014)
Ciao Laura, grazie! Un saluto m
Brava Monica, bellissimo quello che hai scritto, la torta e’ stupenda come Capri, un bacione cara, qualunque cosa fai ti riesce al meglio perche’ ci metti tanta passione, <3