C’era una volta.
Una favola inizia sempre con un tempo indefinito e mai come in questo caso il “c’era una volta”, il senso di un tempo indeterminato, infinito, è stato più calzante.
La favola di Cenerentola è uno di quei racconti che nel tempo ha prodotto mille versioni e varianti, una fiaba che viene dalle tradizioni popolari di molti popoli orientali, arabi e infine occidentali.
La prima versione che si conosce ci giunge da Erodoto e risale addirittura all’Egitto della XXVI dinastia, con la fiaba di Rodopi, “volto di rosa”, la storia di una bellissima ragazza di origine ellenica tenuta come schiava e maltrattata dalle altre compagne di sventura in una casa egiziana. Un giorno il suo padrone la vede danzare meravigliosamente e per questo le regala un paio di pantofole rosse, dono che non farà altro che aumentare l’invidia delle altre sue compagne. Tempo dopo, il faraone Amasis invita tutto il popolo d’Egitto ad una grandissima festa a Menfi. Alla bella Rodopi, vessata dalle sue compagne e oggetto di invidia da parte delle altre schiave, fu negata la festa e come ulteriore punizione si trovò sola a portare a termine l’infinita quantità di incombenze casalinghe che le erano state affidate proprio per ostacolare la sua presenza alla grande festa.
Quel giorno, quando tutte erano andate a Menfi, la bella Rodopi si trova al ruscello a lavare i panni. Accanto a lei le sue belle pantofole che aveva tolto per non bagnarle, ed ecco che arriva Horus, il dio del cielo che, sotto le sembianze di un falcone, ruba una delle sue scarpette, vola via fino a Menfi e fa cadere il suo furto sulle ginocchia del faraone.
Qui inizia la prima famosa ricerca del piedino fiabesco della storia; il faraone dopo tante ricerche e piedi passati in rassegna arriva alla casa di Rodopi e finalmente la pantofolina rossa ritrova la sua proprietaria. Lieto fine, la schiava calza la sua scarpetta e il faraone la porta via con sé e la sposa.
Un’altra lontana narrazione popolare è quella raccontata in Cina da Tuan Ch’ing-Shih, la storia di Yeh-Shen, la fanciulla con i piedi più piccoli del regno. Si sa, in Cina i piedi piccoli erano un tempo segno di bellezza, erano chiamati “loto d’oro”, una forma di costrizione del piede dentro fasciature strette che erano fatte fin dalla tenera età alle bambine per non far crescere i loro piedi, una specie di malformazione indotta, in sintesi. Le povere creature, poi donne, arrivavano a non poter camminare, se non per piccoli tratti e con un bastone, poiché i piedi erano costretti a crescere con le dita sotto la pianta. Ma era questa la sofferenza da dover sopportare per trovare un buon partito, un uomo agiato in grado di poterle mantenere in una vita immobilizzata, che si svolgeva in pratica da sedute, un marito certo di avere accanto a sé una donna remissiva, dotata di pazienza e sopportazione, insomma una donna sottomessa.
Il piede è quindi il simbolo, l’oggetto di culto, l’elemento centrale di queste fiabe tradizionali, e le scarpe, nel caso della fiaba tradizionale cinese, piccole scarpe di otto centimetri cucite intorno al piede o a quello che ne rimane, sono l’elemento distintivo, cardine della ricerca della donna perfetta dell’uomo agiato, mercante o principe che sia che ha bisogno non di una donna, bensì di un simbolo estetico accanto a sé.
Una delle prime versioni scritte in Occidente è quella tutta italiana de La gatta cenerentola, del napoletano Giambattista Basile, che nel 1634 narrò la storia di Zezolla una fanciulla non proprio dolce e sprovveduta. La ragazza, per convincere il padre rimasto vedovo e poi risposato, a sposare la sua balia, uccide la prima matrigna. Con queste premesse la storia continua con Zezolla maltrattata anche dalla seconda matrigna e dalle sue sorellastre. La ragazza ha una vita grama tra lavori domestici e privazioni. Il padre, sempre in viaggio, un giorno ritorna portando in dono alla ragazza una palma da datteri che Zezolla coltiverà poi nel giardino. L’albero cresce fino a diventare alto come una persona e a un certo punto magicamente si materializza in una fata che aiuterà la nostra eroina a partecipare alla meravigliosa festa del re. Inutile dire che il re si innamora di lei, lei fugge dalla festa, perde una pianella e verrà poi ritrovata dal re proprio grazie alla piccola scarpa. La storia de La gatta Cenerentola è una delle storie incluse nella raccolta successiva alla morte di Basile, Lo cunto de li cunti, e nel famoso banchetto della festa del re è descritto un desco che è una vera delizia della cucina napoletana del tempo, nel quale troneggiano casatielli e pastiere, simboli culinari di primavera, e quindi di rinascita.
Della fine del Seicento (1697) è la storia più famosa narrata da Charles Perrault che riadatta la fiaba di Basile e la trasforma in un racconto conforme all’etica e all’estetica del tempo, secondo il gusto dell’epoca in sintesi, epurando gli aspetti splatter della fiaba napoletana. Con il nome di Cendrillon, la nostra protagonista è una ragazza mite, intelligente buona e piena di nobili qualità, vessata da una matrigna e dalle immancabili sorellastre che la nascondono sotto montagne di incombenze casalinghe. Ma un ballo, un vestito apparso magicamente sotto i colpi di una bacchetta della fata madrina, una zucca trasformata in cocchio e dei topolini in cavalli bianchi, porteranno ad una scarpetta di vetro che allo scoccare della mezzanotte verrà persa dalla sua proprietaria lungo il percorso della sua fuga dalla galeotta festa. Finale conforme alle altre fiabe, dove il principe, dopo una lunga ricerca, ritrova la sua amata grazie alla scarpetta e quindi inevitabile lieto fine. In realtà la fiaba prosegue con il matrimonio del principe con Cenerentola e con la fanciulla che benevolmente dona alle sorellastre due appartamenti nella sua reggia e poi le fa sposare con due aristocratici della corte, un gesto di benevolenza a fronte di tanta cattiveria subita.
È nella favola di Perrault, intitolata La Petite Pantoufle de verre, che compare per la prima volta la scarpetta di vetro, ma sembra che questa sia stata una mal traduzione/trascrizione, in quanto nei racconti popolari la scarpetta era di pelliccia e non di vetro. In francese pelliccia si scrive vaire, e vetro verre, ed ecco che forse da qui, da questa similitudine, nasce la sognante scarpetta di cristallo.
Nel 1812 abbiamo poi l’altra versione famosa, quella dei fratelli Grimm, Aschenputtel, la storia di una fanciulla che vive sempre con una matrigna, sempre con due sorellastre e un padre pressoché assente perché sempre in viaggio. Cenerentola, questo il suo nome, perché spesso imbrattata dalla cenere del camino, è una fanciulla maltrattata quotidianamente dalle donne di casa che la fanno lavorare come una sguattera facendole fare tutti i lavori più umili. All’ennesimo viaggio del padre la ragazza, interrogata dal genitore, chiede al padre come dono un rametto di legno trovato lungo il suo tragitto, mentre le sue sorellastre chiedono all’uomo vestiti, stoffe e gioielli.
Al ritorno il padre portò il rametto chiesto che Cenerentola piantò sulla tomba della madre. Con le lacrime della ragazza versate sul sepolcro materno, il rametto crebbe fino a diventare un albero sul quale poi fece il nido un uccellino che diventò il confidente magico di Cenerentola.
Un giorno fu annunciata una grande festa della durata di tre giorni nella quale il principe avrebbe scelto la sua sposa. Tutte le ragazze da marito del reame furono quindi invitate ma a Cenerentola non fu concesso il permesso dalla matrigna di andare alla festa perché doveva stare in casa a sbrigare montagne di faccende. La ragazza allora si fece aiutare dal suo magico amico, l’uccellino, il quale chiamò a sua volta altri uccellini che magicamente eseguirono tutte le incombenze date a Cenerentola. Ma la matrigna negò ancora una volta la possibilità di partecipare alla festa perché la ragazza non possedeva un vestito adeguato.
Quella sera Cenerentola ricorse di nuovo all’aiuto dell’uccellino che le fece comparire magicamente un vestito meraviglioso con il quale la ragazza andò al ballo malgrado il divieto della matrigna. Inutile dire che il principe ballò quella sera con lei e anche le sere seguenti. Cenerentola, per non essere riconosciuta, scappò ogni volta dalla festa dileguandosi nel nulla. Alla terza sera il principe fece cospargere di pece le scale del palazzo, e quando Cenerentola scappò per la terza volta, sui gradini rimase incollata la sua scarpetta d’oro.
Per ritrovare la sua amata misteriosa, il principe passò di casa in casa con la scarpetta per ritrovare il piede che l’aveva calzata e, giunto alla casa di Cenerentola, si trovò davanti le due sorellastre; la prima per riuscire a calzare la scarpetta si tagliò l’alluce, mentre la seconda si tagliò il tallone, ma delle colombe, accorse in aiuto di Cenerentola, fecero notare al principe che la scarpetta era sporca di sangue, e quindi fu scoperto l’inganno. Sempre le colombe portarono poi il principe davanti a Cenerentola la quale fu invitata, nonostante le proteste della matrigna e delle sorellastre, a indossare la scarpetta. Una conclusione felice, con il principe che riconosce la ragazza del ballo e la prende come moglie, mentre le due sorellastre, presentatesi al matrimonio sono accecate dalle colombe che in questo modo cruento punirono la malvagità delle ragazze.
Dobbiamo arrivare al 1950 per avere una favola depurata dal sangue delle diverse versioni della favola, a Walt Disney, che nel suo film di animazione, il dodicesimo, costruì uno dei maggiori successi planetari cinematografici del dopoguerra.
Il film, per limitare i costi dell’animazione fu girato per quasi il 90% in live action, ossia utilizzando attori veri, fu ambientato in Francia nel mese di giugno, ed ebbe una colonna sonora che diventerà poi un successo senza precedenti, la prima colonna protetta dal copyright della Walt Disney.
Per festeggiare i sessantacinque anni dall’uscita del film la Walt Disney ha prodotto nel 2015 l’ultima versione cinematografica della favola sotto la regia di Kenneth Branagh.
Ha così di nuovo volteggiato alla festa il celebre abito ball-gown turchese e le scarpette tempestate da diecimila cristalli Swarovski, una favola.
E noi inguaribili ragazze continuiamo a sognare le favole su queste scarpette disegnate per l’occasione da Jimmy Choo.
La mia cake ispirata a Cenerentola l’ho realizzata per il compleanno di Sofia, una bambina ormai entrata nell’età del sogno della principessa e delle feste danzanti, dove svolazzano abiti da sera impalpabili e nelle quali si sogna di incontrare un principe azzurro, rigorosamente senza nome.
Per la gonna della cake ho utilizzato come base una torta madeira farcita con una ganasce al cioccolato e bagnata con uno sciroppo neutro, poi ricoperta da una sottogonna bianca e una gonna celeste realizzate entrambe in pasta di zucchero, mentre per il busto della bambola è stata modellata della pasta di zucchero per costruire il top alla bambola tipo Barbie, che è stata utilizzata per questa torta.
La tortiera che ho usato per la gonna, a forma di cupola, fa poi parte di un set in alluminio corredato da bambola che la Wilton ha messo ultimamente in vendita proprio per realizzare le cakes a forma di bambola. Così è più facile, no?