La golosità del caffè travalica ogni consistenza, da quella liquida del caffè fumante che beviamo ogni mattina al nostro risveglio alla morbidezza di mousse o bavaresi nel quale affondare il cucchiaino o la fredda e impalpabile consistenza di una granita, magari accompagnata da un ciuffo di panna montata.
Questa lunga estate calda è stata accompagnata da tante, molte granite e quella al caffè è la da sempre la preferita in famiglia, una piccola golosità da gustare a metà pomeriggio per spezzare, dare tregua il caldo della giornata.
In Sicilia la granita si gusta anche a colazione e quella al caffè è perfetta.
Ed è proprio dalla Sicilia che la storia italiana della granita, in tutte le sue sfumature di gusto, ha inizio, tra leggende, fatti di storia e tradizioni sul rilievo più altro e nevoso e al contempo più incandescente dell’isola: l’Etna.
Si racconta che l’imperatore Adriano dal ritorno dall’Egitto volle fare una lunga passeggiata sull’Etna, passeggiata che fu interrotta da un pastore che offri all’imperatore una ciotola di neve aromatizzata al profumo di un agrume.
Forse questa è l’origine della granita siciliana, piccoli cristalli ghiacciati dolci e profumati. Ma le leggende sono leggende, hanno gradi di approssimazione sull’evento o la notizia, sta di fatto che Seneca racconta una tecnica per raffreddare le bevande facendo passare più volte il liquido facendolo passare più volte, attraverso un colino, sulla neve.
La storia delle granite in Sicilia passa però sempre sotto le influenze arabe e nella fattispecie lo sherbeth, una bevanda fresca che forse si trasformò nel turco sharbet, un sorbetto in sintesi.
Fu così che nel IX secolo gli arabi portarono in Sicilia le loro tecniche per fare i sorbetti: un recipiente coperto di neve nel quale mescolare una bevanda che così diventava una sottile e impalpabile granita.
Con l’aggiunta del sale nella neve si capì nel tempo che era possibile rallentare lo scioglimento del ghiaccio per cui nel tempo si costruì un doppio recipiente nella cui intercapedine veniva messo il ghiaccio con il sale e un altro recipiente, in zinco, nel quale mettere la bevanda da “mantecare”.
Circa la neve, l’elemento fondamentale per la realizzazione di questi profumati dolci freddi, in Sicilia, fin dal Medioevo c’era la professione dei nivaroli, i raccoglitori di neve che operavano sull’Etna, sui Nebrodi, sui Monti Peloritani o sui Monti Iblei.
Questa neve, raccolta durante l’inverno doveva essere conservata fino all’estate, quando le granite erano più richieste e così furono utilizzate le grotte vulcaniche per la sua conservazione oppure scavate delle buche nella terra ricoperte poi con della cenere vulcanica. In estate la neve era trasportata con i carretti in balle ricoperte di paglia e foglie di felci dentro enormi sacchi di juta ed arrivavano nelle località marine ad allietare le nobili famiglie patrizie insieme al popolo.
Nel tempo poi ogni famiglia importante si fece costruire una “casa della neve” le cui forme si inserirono in modo mimetico nei propri giardini e parchi.
Per conservare il ghiaccio si sviluppò così una serie di architetture dentro i giardini di tutta Europa, delle camere frigorifere, alcune delle quali conservavano anche altri alimenti, come la frutta: in alcuni casi si trattava di buche ricoperte da enormi “zolle” di prato, in altri casi invece erano costruite delle piccole architetture, come dei tempietti o, seguendo il gusto neoclassico, delle piramidi.
Le neviere erano perciò ubicate nei luoghi più freschi dei parchi aristocratici e la neve, come il ghiaccio grattato e aromatizzato con degli sciroppi (a Roma ancora oggi tanti chioschi tramandano la tradizione della grattachecca), era un ingrediente speciale per gelati, sorbetti, granite e bevande dolci.
Pare che si deve all’architetto Buontalenti l’ideazione del pozzetto per realizzare le granite e i gelati. Artista alla corte dei Medici, l’architetto realizzò un piccolo tino in legno con un secchiello di zinco all’interno e una manovella che aziona una paletta per girare il composto e mantecarlo. Un’antica gelatiera in sintesi.
Questa estate al mare ho cambiato il bar dove abitualmente prendo il mio secondo caffè prima di scendere in spiaggia. È un rituale estivo e quindi quest’anno, dopo aver sondato un po’ di caffè in giro per il paese, abbiamo decretato che il migliore era quello di un piccolissimo bar aperto circa tre anni fa e che quest’anno, grazie soprattutto alle piccole attenzioni del barista proprietario che ha saputo superare la difficoltà di avere un bar piccolissimo (tre persone dentro ci stanno strette) con un ottimo caffè e lieviti sfornati sempre caldi. Quest’anno poi il piccolo bar si è ingrandito all’esterno mettendo tavolini e puff per cui la clientela è aumentata e con lei anche le tante varianti del caffè.
L’espresso aromatizzato al limone, con una grattugiata della sua scorza, è il cavallo di battaglia da quando ha aperto questo piccolo e grazioso bar, un profumo che esalta questa bevanda e la armonizza con i vicoli antichi ricoperti con le lastre di pietra lavica, con le limonaie che circondano il paese, con il mare azzurro della costiera, la mia costiera amalfitana.
Ed ecco qui la mia granita di caffè aromatizzata al limone, un connubio perfetto tra la Sicilia e la Costiera, i due paesaggi nei quali mi sento a casa.
Ricetta della granita di caffè al profumo di limone
ingredienti (4 porzioni)
250 ml di acqua
80 gr di zucchero semolato
250 ml di caffè
la scorza di un limone
procedimento
bisogna prima realizzare lo sciroppo
in un pentolino mettete l’acqua e lo zucchero e portare ad ebollizione
bollire per un minuto e poi togliete lo sciroppo dal fuoco
mettere in infusione la scorza di mezzo limone
fate raffreddare lo sciroppo
nel frattempo fate il caffè e fatelo raffreddare
togliere la scorza di limone dallo sciroppo prima di metterlo nella gelatiera insieme al caffè freddo
si può realizzare la granita anche senza gelatiera mettendo in un recipiente di alluminio lo sciroppo e il caffè e poi mescolando ogni 30 minuti il composto che abbiamo messo nel freezer
ci vogliono circa due ore per ottenere una granita sottile, dove i cristalli di ghiaccio sono molto piccoli, ma non tanto perché altrimenti sarebbe un cremolato
servire con della panna montata da mettere dentro il bicchiere e poi sopra la granita e terminare con una grattugiata di scorza di limone
servite con una cannuccia