Dopo il bianco … il nero naturalmente!
Dopo una cake completamente bianca, o quasi, una crostata cioccolatosa, scura, scura, realizzata appositamente per un intenditore di cioccolata. Come sarà? Non so’, la mangeremo stasera, poi ve lo dico, ma la ricetta è stata ricopiata diligentemente dal librino di Ladurée che non mi ha mai tradito, e speriamo che non lo faccia neanche stasera!
Frolla di cioccolato + biscotto meringoso di cioccolato + ganasce di cioccolato + frammenti di cioccolato = una crostata black, un po’ scuretta.
Ma se il colore è decisamente non da ottimismo, la cioccolata, si sa, ha molti effetti:
- calma la fame attraverso la feniletilamina che come molecola si lega nello stesso modo delle anfetamine ai ricettori celebrali
- favorisce la secrezione di seratonina che produce sensazione di benessere ed appagamento
- il cacao contiene l’anandamide, una sostanza in grado di stimolare le percezioni sensoriali, soprattutto l’euforia
- la cioccolata contiene la metilxantine, una sostanza simile alla caffeina che favorisce la concentrazione ed allontana la fatica
- aiuta la memoria perché contiene molto fosforo, per esempio il doppio che nel pesce, e inoltre contiene anche l’acido fenico che contrasta l’ispessimento delle arterie
- è un antidepressivo. Contiene endorfine e la teobromina che contrastano il dolore e aumentano la concentrazione. Queste unite alla maggiore produzione di serotonina da un effetto di generale miglioramento dell’umore, rilassando il corpo e la mente.
Vi ho convinto? Mi sa che vi avevo convinto già da prima, alla sola parola cioccolata.
Ma non sempre il nero è così buono.
Come colore è per noi occidentali il colore del lutto, il colore della sofferenza.
Ma è una questione occidentale. Alcune tribù africane, per esempio, lo collegano al colore delle nuvole della pioggia e quindi è portatore di vita, di ricchezza, mentre in antichità in Cina è il simbolo dell’acqua e del Nord e non ha nessun significato né in positivo, né in negativo.
Io ho una particolare predisposizione al nero, un po’ per appartenenza ad una categoria che si veste spesso di questo colore. No, non faccio l’impresario di pompe funebri …
Ma perché? Una volta un famoso architetto italiano, di cui non farò il nome, ma capirete subito chi è, mi disse il suo perché. Usciva di casa la mattina e ritornava a casa la sera tardi per cui non poteva cambiarsi durante il giorno e il nero avrebbe assorbito tutta la giornata senza la possibilità di sporcarsi. Beh, sorrido pensando ai suoi Yamamoto perfetti, senza un granello di polvere.
Bah. E’ vero che se la mattina esci di nero vestita (eresia per il bon ton) e ti sbrodoli a pranzo, e poi devi andare a un qualche evento la sera, il nero aiuta, ma come la mettiamo con il cantiere? Lì ci si impolvera, si diventa bianchi.
Per fortuna nel tempo si cambia, e poi io bazzico i giardini per cui la terra è molto più vicina sia alle mani, sia ai vestiti, ed ho imparato a lasciare il nero ad altri momenti, portando tutto il giorno con fierezza le mie scarpe incrostate di fango e macchie verdi e marroni sulle camicie bianche. Il nero lo divido con un blu dei jeans.
Allora dicevo, il nero.
Adoro, sono magneticamente attratta in pittura, da tutte quelle opere che lavorano, indagano le possibilità di assorbimento, riflessione, profondità di questo colore.
Il nero di di Alberto Burri per me è stato, negli anni della formazione, un punto di studio importante, e proprio da quello studio ho cercato di imparare la sensibilità della luce e degli altri colori.
Purtroppo si è conclusa da poco una mostra dal titolo “Opera al nero” a Verona sull’opera di Alberto Burri, organizzata soprattutto sul lavoro che l’artista faceva con il nero e il cellotex. La mostra riprende nel titolo il famoso romanzo della Marguerite Youcenar. Tutto il nero di Burri, dal 1972 al 1992, o quasi, è stato esposto in questa mostra, ma con il catalogo possiamo recuperare, sicuramente, ciò che abbiamo perso.
E poi che dire di un altro grande della pittura del novecento, Rothko e di quello spazio mistico della Rothko Chapel a Houston in Texas?
Uno spazio meditativo, non proprio religioso, che doveva contenere le opere appositamente commissionate a Rothko nel 1964 da John e Dominique de Menil, lavori che dovevano essere contenuti nello spazio progettato inizialmente dal famoso architetto Philip Johnson. Sembra però che il progetto dell’architettura passò in mani di tanti, molti progettisti, tanto che l’opera fu terminata solo nel 1971, un anno dopo il suicidio Rothko.
Connubio arte e giardino è invece nell’opera dell’artista statunitense Jenny Holzen e il Black Garden, un giardino per l’appunto.
Il Black Garden realizzato nel 1994, si trova a Nordhorn nella Bassa Sassonia in Germania.
Progettato insieme a Dee Johnson l’opera-giardino è, come dice l’artista, un “anti-memoriale” della seconda guerra mondiale, realizzato in occasione del 50° anniversario. La crudeltà della guerra è rappresentata da una spirale di aiole che accolgono fioriture e foglie di piante del color nero o simile.
Un luogo buio, tetro, circondato da alberi, che ha una geometria da croce celtica, un simbolo di ben triste memoria per l’Europa di quel periodo.
Un altro giardino nero è quello che troviamo nel Parco André Citroën a Parigi, le Jardin noir di Viguier e Provost. Un giardino di sempreverdi che proietta sul bianco delle pavimentazioni ombre scure e profonde. Qui non è tanto la colorazione delle piante, quanto il fatto di realizzare masse importanti dai colori scuri.
Molte sono le piante che fioriscono o che hanno foglie colorate di nero, nero … insomma, tendente al nero, un nero rossiccio, violaceo, non proprio un nero profondo. In effetti il bianco si, la natura lo riesce a replicare bene nei fiori, ma il nero no o quasi. Che la natura ci voglia dir qualcosa?
Insomma che siano piante, fiori, foglie o dolci, affoghiamoci comunque nella bellezza o nella bontà del nero, per cui oggi c’è una
CROSTATA DI CIOCCOLATO AL QUADRATO!
La ricetta è presa dal libro Dolce di Ladurée e ci vogliono circa due ore e mezza per realizzarla in toto.
Ho fatto alcune varianti e vi suggerisco di mangiarla con una spolverata nel piatto di polvere di liquirizia, o se volete, di cannella.
ingredienti per la pastafrolla al cacao
200 gr. di farina 00
120 gr. di butto ammorbidito
75 gr di zucchero a velo
25 gr. di farina di mandorle
12 gr di cacao in polvere non zuccherato (ma io vi consiglio il doppio)
un pizzico di sale
un uovo intero a temperatura ambiente
ingredienti per il biscotto senza farina al cioccolato
45 gr di cioccolato amaro al 70%
3 uova intere
65 gr di zucchero semolato
ganache al cioccolato
300 gr di cioccolato al 75%
300 gr di panna liquida
100 gr di burro a temperatura ambiente
procedimento
Si inizia dalla preparazione della pastafrolla.
In una terrina mettere il burro a pezzetti, la farina setacciata, lo zucchero, le mandorle, il cacao in polvere e il sale. Mescolare l’impasto.
Appena la consistenza diventa “sabbiosa” aggiungere l’uovo e lavorare la pasta solo il tempo necessario per renderla omogenea.
Avvolgere la pasta dentro una pellicola e farla riposare per un’ora in frigorifero.
Dopo il riposo, stendere la pasta e foderare lo stampo da 24 cm precedentemente imburrato e infarinato. Rimettere la teglia in frigo e farla riposare per un’altra ora.
Preriscaldare il forno a 170°C e infornare la teglia bucherellando prima la pasta con la forchetta e mettendo dei legumi secchi dentro la crostata rivestita da cartaforno.
Cuocere per 25 minuti circa. Far raffreddare la crostata.
Passiamo al biscotto di cioccolata
A bagnomaria sciogliere la cioccolata.
Separare i tuorli dai bianchi e montare i rossi con 35 gr di zucchero.
Montare a neve i bianchi d’uovo e aggiungere 30 gr di zucchero.
Versare un quarto dei bianchi montati nei rossi e incorporare la cioccolata fusa. Aggiungere infine i bianchi rimanenti mescolando delicatamente.
Preriscaldare il forno a 170 °C e rivestire una teglia di cartaforno.
Mettere il composto in una sac à poche e, con andamento a spirale, realizzare in biscotto del diametro inferiore dell’interno della crostata.
Cuocere per circa 15 minuti. Il biscotto deve essere ben cotto. Lasciare raffreddare.
Prepariamo la ganache al cioccolato
Tritiamo finemente la cioccolata e mettiamola in una ciotola.
In un pentolino portiamo ad ebollizione la panna.
Versiamo metà panna sulla cioccolata e mescoliamo con una frusta con movimento circolate.
Versiamo l’altra metà della panna.
Incorporiamo infine il burro tagliato a pezzetti. Mescolare finché la crema non è liscia.
Assemblaggio crostata
Versare dentro la pastafrolla un velo di ganache con uno spessore di circa 3 mm e poi adagiare sopra il biscotto precedentemente raffreddato.
Aggiungere poi la rimanente ganasce fino a riempire l’interno della crostata.
Far rapprendere il composto e poi guarnire con scagliette di cioccolata. Io non ho voluto realizzare i riccioli, che mi sembravano un po’ scontati, ma ho tagliato la cioccolata in piccoli aghi per formare una superficie rigata casualmente.
Quasi un omaggio dolce a Burri
Domani vi dirò se è piaciuta …
aggiornamento – l’esperimento è piaciuto, la crostata con tutta questa sinfonia di cioccolata era golosissima ma l’amico a cui era destinata è un vero intenditore di cioccolata, e malgrado io abbia usato la cioccolata di Said al 75% (chi sta a Roma conosce Said), per lui ci voleva una cioccolata con più spessore, più aroma e allora sono ritornata a casa con 500gr. di cioccolata del chocolatier svizzero Läderach che verrà trasformata in una seconda prova.
Un consiglio dopo l’assaggio di ieri sera. Niente panna, assolutamente, sarebbe un’eresia!