Molti, forse troppi anni sono passati da quando vidi la mia prima mostra di Pop Art a Palazzo Grassi a Venezia. Fu una folgorazione tanto ero digiuna (sì, il termine in questo caso è più che mai calzante) di arte contemporanea per quanto ero “imbottita” di arte antica. Si disegnava e scriveva ancora a mano e si telefonava con degli apparecchi grigi, mi pare. Antichità.
Ma quella mostra mi colorò l’esistenza.
E quell’anno feci un figurone, quando, alla domanda durante l’esame di storia dell’arte mi fu chiesta l’ultima mostra che avevo visitato, tirai fuori con una certa aria tra lo snob e il terrorizzato, ma quella sulla Pop Art a Venezia, naturalmente preistoria
Da quel momento, le torte, i dolci grondanti salse colorate alla fragola o alla ciliegia di Claes Oldenburg sono rimaste talmente tanto impresse nella mente da essere un riferimento a quello che poteva essere per me un immaginario dolciario. Le paste di quell’epoca che riempivano i vassoi della domenica mi sembravano tristi, prive d’anima o quanto meno non traboccanti di quell’ottimismo cremoso o pannoso che invece le opere Pop mettevano in rilievo.
Pur parlando dell’esaltazione dei linguaggi e dei miti comuni della società dei consumi dell’epoca, ho sempre trovato che la riproduzione/rappresentazione del mondo dolce nelle avanguardie degli anni ‘60 del secolo passato, oltre a raccontare un cambiamento dell’attenzione e del valore di ciò che ci circondava nel quotidiano, raccontava essenzialmente anche e soprattutto le nostre diversità culturali, il nostro affacciarsi su mari diversi. Un’America dove le torte erano le cakes, traboccanti di fragole, ghirigori di panna, strati infiniti di creme, dall’altro il nostro severo e semplice, ma altrettanto buono, mondo di crostate di frutta, sbrisolone, castagnacci, con le incursioni francesi dei bignè, le cascate di cioccolato dal Piemonte e i marzapane arabi dalla Sicilia. L’apice della meraviglia in quell’epoca nel mio piccolo mondo familiare era il Saint Honoré, sfoglie intervallate da creme e panna il tutto sormontato da una corona di bignè caramellati che venivano rigorosamente lasciati interi nel taglio di ogni fetta, torta che compariva rigorosamente nei compleanni. Ogni famiglia italiana penso, abbia avuto in quegli anni una storia tutta personale con i dolci “della domenica” o delle feste e spesso, se per gli americani i dolci erano oggetto di consumo “quotidiano” tanto da essere ritratti in opere Pop, per noi le nostre torte raccontavano ancora un momento di eccezionalità.
Continuo ancor oggi ad incantarmi nel mondo dolciastro di Wayne Thiebaund, che colorava dolcetti ancor prima di James Rosenquist o di Roy Linchtestein.
Chi non ha o non vorrebbe avere una piccola riproduzione delle sue torte o fette di torta adagiate su esili supporti o mostrate come vetrina del glucosio colorato sulle pareti della propria cucina? Oddio, un originale sarebbe meglio ma con una bella cornice possiamo accontentarci anche del poster. Ho un’amica che espone nella sua cucina la riproduzione di Cakes and pies di Thiebaund insieme a quadri del Vesuvio in eruzione, o marine di Posillipo o il mare di Malta, un modo di raccontare ciò che è stato e che è oggi il suo mondo.
Come elemento effimero, che dura poco, la cake e la sua rappresentazione, continua a stare ancora oggi sulla cresta dell’onda e dalla Pop Art è ormai passata ad una corrente più contemporanea, la Neo Pop, con artisti come Jeff Koons (più famoso da noi come ex marito di Cicciolina) o ancora l’americano Will Cotton e il suo mondo artistico che sembra quello del film “La Fabbrica di cioccolato” di Tim Burton. Tutta l’opera di Cotton è glucosica; ritratti con diademi a cupcake, paesaggi traboccanti di zuccheri filati e fiumi di cioccolata, fino a ciò che mi piace di più, le sue sculture. Cake Towers, torri dall’incerto equilibrio realizzate con sequenze di torte decorate con ghirigori quasi vittoriani.
Celebre la borsa che poco tempo fa ha disegnato per Nancy Gonzales e che, pur essendo di un kich sublime ed io una da caterpillar ai piedi, l’agogno sognante.
In Italia abbiamo anche noi un’artista che fa delle cakes il suo soggetto/oggetto preferito: è Marina Calamai che l’anno scorso, in primavera, ha esposto le sue opere in una bella mostra “CAKE THINKING” alla galleria di Palazzo Coveri a Firenze.
Marina Calamai, “Mille sublimi e torte sublimate” | fonte: www.marinacalamai.itUn mondo di sculture ironiche, come il cupcake che non si mangia ma che ti mangia, o i suoi DOLCEmente RINASCImentale, una galleria di dolci presentati come cammei o i suoi gioielli, con una serie di anelli a forma di dolcetti, una delizia smaltata. Un lavoro che emana gioia, positività, un intelligente gioco di architetture dolci e colori che hanno un di più della visione ludica del mondo zuccheroso, una specie di riflessione quasi storica a volte del nostro essere stati e di ciò che siamo, quasi mangiati, divorati da un cupcake.
In onore di tutto ciò la torta oggetto di tutto questo blaterare è un omaggio alla Pop Art, per cui è una PopCake, una FettaTorta realizzata con una base di Bocca di Dama, farcita con una crema Ladurée (sempre del famoso librino) che ho voluto provare e che da oggi in poi sarà la crema della mia esistenza per quanto è buona (è il burro che fa la differenza!), e una copertura di pasta di zucchero. I disegni fatti con la glassa reale devono essere assolutamente pittorici e non precisi altrimenti si scade non nel Pop ma nell’Iperealismo!
ricetta per la FETTATORTA
Per la base – torta Bocca di Dama
ingredienti
150 gr di farina 00
250 gr di zucchero semolato
9 tuorli d’uovo a temperatura ambiente
6 bianchi d’uovo idem come sopra
50 gr di mandorle spellate (se vi volete semplificare l’esistenza, la farina di mandorla va bene)
buccia di un limone grattugiata (fa più fico dire zest di limone)
procedimento
sbattere i tuorli d’uovo con lo zucchero e la buccia di limone grattugiata per 30 min. almeno. ho usato la planetaria perché con il nuovo frullino, graziosissimo ma pesante quanto un manubrio da culturista, potevo farmi venire la scoliosi.
nel frattempo sbattere a neve ferma i bianchi e metterli in frigorifero.
setacciare la farina e tritare le mandorle finemente. mescolare le due farine insieme.
una volta montati i tuorli aggiungere le due farine delicatamente.
per ultimo aggiungere le chiare montate a neve delicatamente come se stessimo facendo il composto del macarons, con una spatola, dall’alto verso il basso.
infornare in una teglia imburrata o con carta forno per circa 20 min o fino alla prova stecchino per 160 °C.
sfornare la torta e lasciarla raffreddare.
Crema pasticcera modello Ladurée
ingredienti
400 ml di latte intero
4 tuorli d’uovo a temperatura ambiente
80 gr di zucchero semolato
60 gr di maizena
25 gr di burro morbido
io ho aggiunto un pizzico di vaniglia in polvere
procedimento
far scaldare il latte insieme alla polvere di vaniglia. deve arrivare al momento del bollore ma non deve superarlo (spegnere appena si vedono le bollicine sul perimetro della pentola, così dice Ladurée e il suo pasticcere della pasticciera)
nel frattempo montare i tuorli con lo zucchero e una volta che il composto è bianco e soffice, aggiungere la maizena.
filtrare il latte e incorporare 2/3 nel composto dell’uovo. mescolare bene con una frusta e rimettere il tutto nel latte restante e sul fuoco fino al quasi bollore.
non bollire, mi raccomando! Togliere dal fuoco e far riposare per dieci minuti.
qui sta la differenza il burro. una volta passati i dieci minuti o quasi, aggiungere il burro che deve sciogliersi del tutto.
far raffreddare la crema mettendo sulla superficie un foglio di pellicola in modo da no far ispessire la crema stessa.
Montaggio della FettaTorta
tagliare la torta in due in senso orizzontale e imbottitela di crema come un tacchino il giorno del ringraziamento.
Io ho aggiunto, per golosità, del cioccolato fondente frantumato, ma nella versione primaverile, della frutta ci sta più che bene, altrimenti liscia, nature!
tagliare in tanti spicchi la torta e ricopritela di crema di burro (prima o poi ve la darò la ricetta) e mettere il tutto in frigorifero per almeno un paio d’ore.
trascorso un tempo sufficiente per far solidificare la “malta” ricoprire il tutto con della pasta di zucchero (anche qui una volta o l’altra vi devo raccontare la mia storia con la pasta di zucchero).
per i disegni con la glassa reale, beh, fate un po’ voi, devono però essere sufficientemente “barocchi” ma inesatti e traboccanti per essere una torta pop.
Buon divertimento!