No, non ho realizzato una focaccia con Nigella, Nigella Lawson, anche se penso che possa essere divertente cucinare con lei, se non altro perché assaggia tutto, ma con la Nigella, quella che si scrive in corsivo e quindi un essere che però appartiene al mondo vegetale.
In verità questa scorribanda al di fuori del mio mondo dolce è dovuta ad un appuntamento un po’ troppo rimandato con questa focaccia mediorientale, un appuntamento che avevo preso un po’ di tempo fa quando tra le mani mi era arrivato il libro di Sabrina Ghayour, Persiana. Ricette dal Medio Oriente & oltre, un bel libro nel quale molte ricette tipiche della tradizione dell’Iran o giù di lì, sono reinterpretate in chiave moderna dall’autrice. La cucina di quelle terre mi piace moltissimo, adoro le spezie, mi piacciono i loro dolci pieni di miele, frutta secca, le salse. Gli intingoli poi sono deliziosi, si potrebbe vivere solo di quello se accompagnati dal pane morbido che si inzuppa sostituendo le posate per raccogliere e portare alla bocca queste bontà.
Dicevo, mi ero immersa nelle letture di queste belle ricette e avevo deciso iniziare a rifare qualche ricetta partendo da quella più semplice, un pane speziato il Naan, tutto ricoperto di semi di Nigella, ma poi, complice un barattoletto di panna acida, mi dirigo su un’altra pagina che mi racconta di una focaccia, una morbida e profumata focaccia che, come scrive l’autrice ha «una consistenza soffice e la crosta salata intrisa di olio […] ed è fantastica con i formaggi salati o per ravvivare una semplice scodella di zuppa […] eccezionale per accompagnare dip come hummus e simili». Confermo!
E poi avevo la Nigella, tanti semini neri di questo bel fiore che, soprattutto in India, è usata per condire verdure, riso, salse e molto altro.
La ricetta prevedeva anche del cumino e per questo ho trovato particolarmente affascinante che in questa semplice focaccia ci fosse anche la Nigella, chiamata appunto cumino nero.
La Nigella sativa è un bel fiore annuale (che in gergo botanico-giardinesco significa che il suo ciclo di vita si compie in un anno, nasce, cresce, fiorisce, fa i semi e muore) che fiorisce nei campi tra giugno e settembre. Chiamata anche strega, damigella o fanciullaccia, la sua origine è tra l’Asia Minore e il Mediterraneo. Nei nostri giardini troviamo non la sativa ma la damascena, un fiore con valore più decorativo di gran voga nell’Inghilterra vittoriana e che oggi fa di nuovo capolino nelle bordure miste di giardini contemporanei.
La Nigella è poi una pianta archeofita, ossia una di quelle piante di origine remota la cui dispersione e selezione è dovuta all’uomo in quanto involontariamente, con la domesticazione delle piante ha selezionato questo fiore insieme ai cereali perché era lì che la trovava, nei campi insieme al grano selvatico. Il nome Nigella deriva poi da niger, nigellus che in latino significa nero, nerastro, colore caratteristico dei semi, usati molto nella cucina orientale e mediorientale, dall’India all’antica Persia, all’Egitto, fino alle coste del Mediterraneo. Si dice che il sapore che questi semi conferiscono alle pietanze sia un po’ amaro, con un retrogusto di fragola, ed è per questo che sono usati per la preparazione di bibite, liquori e nei biscotti o in dolci tipici orientali. E’ insomma utilizzata come una spezia e come tale anche usata nelle decorazioni di piatti ed insalate.
Questo bel fiore ha però una storia antica, quasi stregonesca, un po’ per la strana forma del suo fiore, un po’ perché in effetti la pianta, nel caso della Nigella damascena, contiene un alcaloide tossico, la damascenina, un narcotico in sostanza. La forma del fiore, quasi una stella è poi magicamente completata da una specie di collarino alla base del fiore di foglie seghettate, quasi dei fili che rende il fiore ancora più strano, tanto che fin dall’antichità era considerato un fiore dai tanti poteri medicamentosi: antinfiammatorio, antifebbrile, eccitante o per la cura delle scottature o come trattamento per asma e bronchiti. Il “grano nero“, come veniva chiamato al tempo di Maometto, era utilizzato proprio come un medicinale tanto da essere chiamato habbatul barakah, “seme benedetto“.
La focaccia che ho realizzato con i semi di Nigella è stata una reinterpretazione di quella della Sabrina Ghayour, reinterpretazione perché ho apportato alcune modifiche alla ricetta; ho usato nell’impasto solo il cumino e e il coriandolo e non la menta secca e il peperoncino, né il sommaco, proprio per non usare troppi profumi che forse, per una prima prova erano eccessivi al nostro palato. Ho inoltre utilizzato del lievito di birra secco che aveva un’aggiunta di lievito madre essiccato per cui ho poi utilizzato due farine, una di manitoba e una 0 in modo tale da avere più tempo per la lievitazione. Il risultato è stato quello di una focaccia morbida, profumata, buonissima, ideale per accompagnare formaggi, salse, insaccati.
ricetta di focaccia orientale con semi di Nigella
ingredienti
- 250 grammi di farina di manitoba
- 300 grammi di farina 0
- 150 ml di acqua fredda
- 100 ml di acqua bollente
- 125 grammi di panna acida fredda
- 3 cucchiaini di sale marino più un po’ per cospargere la superficie (ho usato il sale rosa)
- 7 grammi di lievito di birra secco con aggiunta di lievito madre
- 3 cucchiaini di zucchero semolato
- 2 cucchiai di semi di cumino
- un cucchiaio di semi di coriandolo
- un cucchiaio di semi di nigella
procedimento
- In una ciotola mescolare la panna acida, l’acqua fredda e l’acqua bollente. aggiungere il sale, lo zucchero il lievito e poi aggiungere la farina, i semi di cumino e di coriandolo che ho prima tostato in un pentolino e poi passati al mortaio per polverizzarli
- lavorare bene l’impasto fino a renderlo elastico e compatto e poi, una volta realizzata una palla, posizionare l’impasto in una terrina ricoperta da una pellicola alimentare e fare lievitare per circa 10 minuti in un luogo caldo
- prendere la pasta, stenderla su una teglia ricoperta di cartaforno
- bisogna stenderla con le mani delicatamente, picchettando la pasta con i polpastrelli in modo da avere la superficie con tanti avvallamenti, ma senza bucare la pasta
- coprire con una pellicola e lasciare lievitare la focaccia per altre tre ore in un luogo caldo o nel forno (io ho lasciato la luce del forno accesa)
- togliere la teglia dal forno ed accendere ad una temperatura di 200°C o a 180°C se ventilato (come dice l’autrice della ricetta)
- togliere la pellicola e cospargere la focaccia con olio evo con un pennello
- cospargere la superficie di semi di semi di nigella e sale grosso ed infornare
- cuocere per 30 minuti circa o alla perfetta doratura
- servire tiepido