Gli shortbread sono dei biscotti di burro, tanto burro, moltissimo burro.
Una burrosità ad alta percentuale tanto che in Inghilterra dal 1921 una norma stabilisce che ci vuole il 51% di burro nella totalità del composto in questi biscotti per essere appellati shortbread.
L’impasto, friabilissimo, è chiamato anche pasta frolla scozzese, un mix di farina, zucchero e burro senza uova, che si può arricchire con altri ingredienti, come nel mio caso dove ho utilizzato delle mandorle e una pasta di pistacchi.
Questi dolcetti sono delle golose tentazioni del Regno Unito per l’ora del tè, ma sono anche conosciutissimi in Olanda, Danimarca, Svezia, dove sono venduti dentro scatole di latta per mantenere meglio la freschezza del prodotto.
“Pane friabile” lo shortbread è in realtà è un dolce tipico della Scozia e la sua storia è probabile che abbia inizio intorno al 1100 quando si preparava un pane che era cotto due volte, una sorta di pane lievitato biscottato che poi furono trasformati dall’introduzione del burro e l’eliminazione del lievito in questo dolcetti friabilissimi.
Inizialmente questo impasto veniva cotto in un’unica forma, tonda e servita tagliata a fette triangolari. La forma di questo cerchio tagliato a triangoli e con il bordo frastagliato, doveva ricordare la forma a spicchi della sottoveste che era utilizzata sotto i vestiti delle dame al tempo di Elisabetta I, un dolce, il Petticoat Tails che comunque ricordava anche la forma del sole, forse ricordando la sagoma del sole e che in Scozia era realizzato per festeggiare il Capodanno. Un dolce pagano in sintesi.
In forma di biscotto rotondo, il Round, o ritagliato in tanti alti e piccoli rettangoli bucherellati e spesso aromatizzato con i semi di cumino, il dolce, nella versione contemporanea a biscotto è quello della corte di Maria Stuarda, regina di Scozia, la quale a metà del 1500, sotto l’influenza francese in cucina, faceva realizzare dai suoi pasticceri questi biscotti che poi successivamente furono serviti un secolo dopo, intorno alla metà del XVII secolo, con il tè, e oggi anche con la cioccolata calda, con infusi di erbe e con il vino caldo speziato.
Una parte di zucchero, tre parti di farina e due di burro sono le proporzioni di base di questo biscotto ma le variazioni sono infinite e oltre alla farina è utilizzata la farina di riso per rendere più la pasta più granulosa, oppure, come nel mio caso, si aggiunge una farina di mandorle, o di nocciole o di pistacchi.
L’importante è il passaggio in frigorifero per poter compattare bene la pasta e tagliare poi in rondelle i biscotti (nel caso di quelli tondi) e di arrivare alla cottura un momento prima che il biscotto assuma la colorazione dorata. Insomma, devono risultare ancora pallidi e se si va oltre il tanto burro li fa bruciare in modo irreparabile.
Ricetta degli shortbread alle mandorle e pistacchio
ingredienti
- 150 grammi di mandorle non sgusciate
- 200 grammi di burro ammorbidito
- 250 grammi di farina 00
- 50 grammi di farina di riso
- 100 grammi di zucchero a velo
- due cucchiai di pasta di pistacchi
- olio evo q.b.
- la buccia grattugiata di due limoni non trattato
- un pizzico di sale
- zucchero di canna grezzo q.b.
procedimento
- tritare grossolanamente le mandorle non sgusciate
- nel mix aggiungere tutti gli ingredienti, tranne l’olio, che verrà versato quanto basta per formare un composto morbido ma omogeneo
- avvolgere il composto in una pellicola dando la forma di un cilindro con un diametro di circa 6/7cm
- mettere in frigo per far riposare la pasta per circa tre ore
- togliere il composto dal frigo, togliere la pellicola e con un coltello affilato taglòiare tanti dischetti dello spessore di mezzo centimetro circa
- foderare una teglia con carta forno
- adagiare tutti i dischetti sulla teglia distanziandoli di 4 cm e spolverarli con dello zucchero di canna grezzo
- informare a forno preriscaldato a 150°C per circa 20 minuti
- sfornare e lasciare raffreddare i biscotti su una gratella prima di servirli
- per conservarli bisogna riporli dentro una scatola di latta con chiusura ermetica
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