Lo scorso 21 febbraio alla galleria Interno 14 di Roma si è svolta la strana presentazione di un libro.
Non una presentazione canonica, ma una mostra, la mostra del libro Sul Paesaggio. Lettera aperta di Franco Zagari.
Per chi non è paesaggista questo nome dice poco, anzi nulla, ma per la mia piccola comunità Zagari è il maestro di molti di noi, colui che ci ha fatto scoprire l’esistenza del giardino contemporaneo.
Lo si può amare o detestare, possono non piacere i suoi progetti, possono far discutere, anche infastidire a volte, si può dire di tutto e il contrario sulla sua figura ma resta un punto fermo della nostra cultura, un “pensatore applicato” che grazie al suo lavoro, come progettista e soprattutto come professore, ha costruito una comunità che si è sparsa in Italia e che, con sensibilità ed esiti diversi, lavora nel paesaggio e nel giardino oggi. Insomma a lui dobbiamo la costruzione di un piccolo mondo fatto di tante persone che in qualche modo debbono a lui la loro formazione, o a volte solo la curiosità, per il paesaggio contemporaneo.
Questo è successo suo malgrado, anche se non era nei suoi intenti, insomma anche se lui giura e spergiura che non è vero.
Il libro, un attento, puntale, quasi feroce resoconto dello stato di fatto a 360 gradi sul paesaggio oggi e qui, è stato presentato mostrandolo nel vero senso della parola. Le pagine del libro si sono rincorse silenziosamente lungo le pareti della galleria Interno 14 mostrando il corpo e le articolazioni, dai capitoli alle immagini, dalle parole ai progetti dello studio Zagari.
A tratti, inaspettatamente, l’esposizione nel suo svolgersi si interrompe e si materializza di volta in volta in immagini, come l’ultimo progetto di Zagari con PAN associati per i giardini dell’Expo di Milano 2015, pubblicato sulla rivista Paysage Topscape.
Riprende l’esposizione ma subito si interrompe mettendo in mostra Piante Pioniere: un progetto di riqualificazione urbana, il lavoro-ricerca di Marianna Merisi, uno studio sulle piante vagabonde, quella vegetazione spontanea che colonizza i luoghi indisturbati della città.
Le piante rilevate e catalogate presenti in un piccolo settore di Milano sono restituite in tecnica mista in immagini, che in occasione del libro aprono e chiudono la pubblicazione.
Un lavoro quello di Marianna che va al di là della semplice descrizione botanica in quanto costruisce immagini, sguardi progettuali che suggeriscono l’uso di queste piante nel progetto, un progetto in “movimento”.
Il libro continua poi la sua esposizione e si interrompe un’altra volta dentro le immagini che passano a video dell’impegno di Zagari all’interno del Festival del Verde e del Paesaggio di Roma, nel quale cura la sezione Follia d’Autore, installazioni di paesaggisti su temi di ricerca contemporanea.
La descrizione del libro continua infine con Prototipi, una “mostra” all’interno del libro di Zagari, di fotografie che ho selezionato e che, come appunti, fanno parte del mio modo di guardare, leggere, pensare il paesaggio, il giardino, l’architettura.
Non sono una fotografa, ma la macchina fotografica mi accompagna da quando, adolescente, ho iniziato a studiare arte. Poi questo strumento ha seguito le mie diverse e contigue formazioni, mi ha accompagnato nei viaggi, mi accompagna sul lavoro, è diventato una modalità di racconto, progetto, studio.
E qui, infine, veniamo alla cake della presentazione/festa.
Se ho aperto questo blog è anche grazie all’incoraggiamento della mente vulcanica di Franco Zagari che un giorno mi disse, “Monica i tuoi dolci devono esser visti”.
Ha iniziato lui questa avventura, introducendo immagini delle mie cakes, quasi in modo subliminale, dentro il suo libro, pubblicandole dentro i miei Prototipi.
Inizialmente devo dire che non avevo capito, il maestro ha un pensiero che viaggia ad alte velocità e spesso anche chi gli sta vicino non riesce ad accompagnarlo in modo sincronico nelle sue costruzioni mentali. E’ sempre proiettato in avanti, come in realtà dovrebbe essere un progettista e un pensatore.
Ho capito dopo un po’, solo quando andai al suo studio per un incontro sul libro che stava scrivendo ( all’epoca lo chiamava il Vampiro).
Io mi presentai accompagnata da una torta, un omaggio al lavoro di Andy Goldsworthy.
Il blog nacque così, e da allora è passato oltre un anno, il libro è uscito, è stato pubblicato, e con lui anche le prime immagini delle mie cakes.
La cake da mangiare insieme che doveva festeggiare questo bel momento non poteva altro che essere ispirata a Franco Zagari e a lui dedicata: una torta composta da una sequenza di quattro giardini, quattro tappe importanti della sua storia alle quali mi sono ispirata.
In molti hanno visto una sorta di compendio di storia del giardino, e in effetti al primo sguardo lo è.
Ho sorriso a queste descrizioni ma in realtà la torta parlava del nostro maestro. E ora ve lo spiego.
Quattro quadrati di altezze differenti, decrescenti, di pandispagna farciti con crema pasticcera al cioccolato e con lemon curd ricoperti di pasta di zucchero quasi totalmente bianca, per una lunghezza complessiva di 120 cm.
Il primo gardencake ha la struttura del giardino all’italiana, un giardino geometrico icona storica dei nostri giardini.
Franco Zagari nell’ormai lontano 1988 per Garden festival di Glasgow (manifestazione visitata da quattro milioni di persone) realizza un giardino che rappresenta l’Italia,
“un percorso di iniziazione è teso fra due mete simboliche, una fontana -la vita- e un orologio solare –il tempo- e attraversa quattro “stanze” che raccontano ognuna un tema classico del giardino italiano: “ del Sud”, “Toscano”, “della Riviera”, “dei Laghi”. È l’immagine che la cultura anglosassone ha del nostro giardino –letteraria, pittorica- che ha giocato un ruolo importante nella sua valorizzazione e evoluzione nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento.” (tratto dal sito www.francozagari.it)
La prima cake è dedicata a questo giardino.
La seconda gardencake è invece dedicata ed ispirata ad un giardino meno conosciuto di Zagari ma che a me piace moltissimo: il giardino per il parco pubblico dell’ex cimitero dismesso nel 1962 a Redona, parco realizzato nel 2006.
La grande aiola del parco ricorda il disegno delle broderie del giardino francese, ma, come un incastro mentale il disegno del Parco di Redona accoglie un amore di Zagari verso Keith Haring e il suo mondo di forme, immagini, persone, graffiti, quasi un’impronta tatoo.
La seconda cake è quindi un giardino alla francese immerso in ghirigori e segni liberi, floreali, che ricoprono un quadrato, contaminazione geometrica del giardino all’italiana.
Il quarto giardino (del terzo ne parlo dopo….) è un omaggio a un lavoro complesso che Zagari ha realizzato nel 1988 con l’uscita del libro L’architettura del giardino contemporaneo e di una serie di splendidi documentari girati in tutto il mondo proprio sul giardino contemporaneo.
Senza la facilità di comunicazione e trasmissione di oggi, quei documentari sono stati la finestra sul mondo per chi in quegli anni si avvicinava al mondo del paesaggio, scoprendo l’esistenza del paesaggio contemporaneo, della professione del paesaggista in una posizione consolidata, soprattutto al di fuori dell’Italia. Quei filmati, realizzati con il regista Enzo De Amicis per la RAI, sono stati per noi, all’epoca suoi studenti, preziosi come l’oro.
Il quarto giardino quindi è dedicato a Burle Marx, alla capacità pittorica ed espressiva del moderno proprio nel giardino e nello spazio pubblico pensato da una mente di paesaggista.
La realizzazione della piazza a Saint Denis a Parigi dello studio Zagari ha alcuni segni che ricordano, come schegge, suggestioni alla Burle Marx.
E finalmente il terzo giardino. E’ dedicato all’interazione, alla curiosità e capacità di trasmissione ed ascolto che Zagari ha come docente.
Proprio nel primo incontro dedicato al libro ricordo un colloquio che ad un certo punto è approdato, attraverso le mie fotografie, a Piet Oudolf.
Io gli raccontavo di come ero persa nella complessità dei progetti di Oudolf e lui, davanti ad un caffè mi rispose allora, ma questo lo sapevo già, che non era nelle sue corde, pur comprendendo la struttura e il pensiero.
Questa gardencake, dedicato al Giardino bianco di Gertrude Jekyll a Barrington Court nel Somerset in Gran Bretagna è un omaggio al lavoro di Zagari come mentore, come professore che ci ha insegnato ad avere curiosità, a cercare, a stare attenti a ciò che succede intorno a noi, ad annusare l’aria, insomma a costruire sempre e comunque una sensibilità progettuale.
Il Giardino bianco è nelle mie corde e quindi è un mio personale omaggio al suo lavoro di Insegnante.
Riccioli del giardino francese si mescolano con i fiori del White Garden mentre le bordure fiorite si scompongono in una striscia che sinuosamente scappa nella geometria del disegno di Burle Marx della quarta cake. E’ un accenno a ciò che sarà oggi il “giardino in movimento” e alla sua capacità invasiva nel pensiero progettuale del giardino contemporaneo.
Questo è il racconto della serata che è stata una festa, un incontro gioioso, bello, intorno a questo libro che rimarrà un testo da leggere e rileggere negli anni. Almeno per me.
Monica Sgandurra
Sul paesaggio. Lettera aperta
di Franco Zagari
Libria, Menfi, 2013
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