Cosa fare nel tempo libero se si resta in città d’estate?
Andare in piscina? Raggiungere il posto di mare più vicino? Fare delle passeggiate nei dintorni della città? Visitare musei e monumenti? Oziare con lo sguardo che fissa al soffitto evitando qualsiasi movimento, qualsiasi resistenza al caldo?
E visitare, un bel giardino che ve ne pare, muniti naturalmente di un cappello e una bottiglietta d’acqua?
Chi abita a Roma è fortunato, (ma noi italiani in genere siamo fortunati) perché con un’ora di macchina e muovendosi verso nord, può visitare molti giardini famosi tra i quali quello del castello Ruspoli a Vignanello, dove oggi vi porterò a fare una passeggiata, un luogo incantevole pieno di storia e bellezza.
Ci troviamo a circa diciannove chilometri da Viterbo in una campagna famosa per le coltivazioni di noccioli e ricca di borghi, castelli, parchi e giardini storici.
Il paese di Vignanello sorge su un banco di tufo e ha una storia antichissima che inizia nella preistoria, continua con gli etruschi e i romani, arriva a Carlo Magno in epoca medievale, per poi trasformarsi in luogo amministrato da monaci benedettini e successivamente diventare feudo sotto gli Orsini e infine ritornare nuovamente sotto il governo pontificio che lo consegnerà ai suoi vicari appartenenti alle famiglie dei Nardini e poi degli Orsini e dei Borgia. Insomma, una storia tipicamente italiana fatta di Chiesa, stranieri e imperi e poi intrecci di famiglie locali con casati importanti. Il tutto chiaramente “condito” da guerre, invasioni, pestilenze, avvelenamenti, tradimenti, fantasmi e giardini, naturalmente.
La storia arriva finalmente al suo apice nel XVI secolo, quando Vignanello passò a Beatrice Farnese e poi alla figlia Ortensia e a suo genero Sforza Marescotti. Il castello fu trasformato, forse su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane, seguendo gli schemi delle fortezze ghibelline. É però all’inizio del secolo successivo che Ottavia Orsini, moglie di Marc’Antonio Marescotti e figlia di Vicino Orsini, a sua volta creatore di un altro giardino famoso, quello di Bomarzo, mise mano al giardino e ideò questo piccolo capolavoro considerato uno tra i giardini all’italiana più belli che abbiamo nel nostro paese.
Siamo nel 1611 e il giardino, che sarà realizzato a partire da quest’anno, si estende lungo il crinale del paese proseguendo in linea retta due settori in posizione longitudinale rispetto al retro del castello, quello del parterre del giardino all’italiana e, a una quota più bassa, il Barchetto e il Barco, un’area naturalistica nella quale i signori andavano a caccia.
Di lato al castello e a un’altra quota più bassa, fu pensato il giardino segreto orientato verso sud, un intreccio di parterres di basse siepi con fontane e pannelli di rose.
Il castello, racchiuso da quattro imponenti bastioni e circondato da un fossato, fa così da sfondo al giardino all’italiana che è forse la parte meno modificata del complesso, anche se, trattandosi proprio di un giardino che ha più di quattro secoli, ciò che rimane originale sono a volte solo gli elementi lapidei, come pavimentazioni, fontane, arredi o piccole strutture, vista la caducità delle piante e soprattutto le mode, i gusti imperanti dei tempi successivi che hanno il vizio, qualche volta malsano, di modificare il passato. O semplicemente è un problema di manutenzione che viene semplificata in poche operazioni e che quindi modifica a sua volta nel tempo la struttura del giardino stesso. Così spesso ciò che un tempo era in un modo, oggi non lo è più, come, per esempio, il fatto che dentro i parterres di bosso c’erano superfici fiorite, colorate, piene di piccole meraviglie stagionali. Il risultato è che oggi abbiamo spesso un’idea sbagliata di quello che era il giardino all’italiana, un’idea che però si è consolidata con il passare del tempo proprio perché si è persa la memoria.
Dal castello, attraversando il fossato con un piccolo ponte si accede al giardino. Si entra così lateralmente al sistema di parterres organizzati in dodici riquadri racchiusi da quattro viali. Al centro del disegno una vasca d’acqua con zampillo, una peschiera, è segnata da una balaustra in peperino, forse disegnata dal Vignola: è questo il fulcro del giardino insieme a due aiole, due “fuochi” geometrici, il cui disegno, fatto con intrecci di bosso, riproduce le iniziali di Ottavia Orsini e dei suoi due figli, Sforza e Galeazzo, la firma dei proprietari del giardino. A questa simmetria non corrisponde nessun punto del Castello e quando ci si affaccia da uno dei balconi, e si cerca la linea retta, l’asse della composicione, ci si trova spostati geometricamente sul disegno del giardino che prosegue nelle due linee di siepi parallele del Barco che partono dal settore centrale e si piegano sparendo nel paesaggio del bosco.
Il giardino è poi chiuso da un lato da una folta massa di alberi che sbarra la prospettiva dello spazio centrale e dall’altro, da un’alta siepe che fa da filtro a un altro ambiente punteggiato da fontane e pozzi, spazio che si affaccia sul giardino segreto sottostante.
Buxus, alloro, Viburnum tinus e l’orientale, esotico lauroceraso sono i sempreverdi utilizzati nel tempo in questi parterres che a loro volta sono segnati agli angoli da conche di terracotta che ospitano piccoli esemplari di limoni, un vanto, uno sfoggio vegetale per il signore e la signora del giardino all’italiana. Un classico della nostra storia giardinesca.
Il giardino è aperto al pubblico da aprile a ottobre.