La pasta è quella del pâte à choux, il ripieno è quello di una crema mousseline aromatizzata, le superfici sono quelle decorate con scaglie di mandorla ma la forma è quella di un anello, un cerchio vuoto al centro, una ruota in sintesi.
Una “ruota magica” perché la pasta choux lievita grazie al vapore acqueo che proviene dall’acqua presente nell’impasto, come descrive con scientificità da chimico Dario Bressanini nel suo bestseller La Scienza della Pasticceria, La chimica del bignè che racconta che se gli ingegneri e gli scienziati fossero stati anche pasticceri con molta probabilità la rivoluzione industriale sarebbe iniziata molto prima poiché il vapore e le sue potenzialità erano stati studiate ed applicate da Panterelli, pasticcere alla corte di Caterina de Medici, proprio nella realizzazione dei primi choux della storia.
Questa dolce corona o cerchio ha però una storia più recente: il dolce è nato a Brest, in Francia nel 1910 grazie a un pasticcere, Louis Durand della Maisons-Laffitte che rispondendo alla domanda del giornalista Pierre Giffard, padre del moderno giornalismo da reportage e organizzatore di corse ciclistiche, nonché editore di riviste sportive, ha realizzato questa corona dolce in onore della corsa ciclistica Paris-Brest-Paris.
Il dolce, che metaforicamente ha proprio la forma di una ruota di bicicletta, ricorda un’altra forma, quella di una corona di alloro, simbolo di gloria nella Grecia antica cerchio verde posto sulla testa dei re, e più tardi degli imperatori, ma anche trofeo per i vincitori delle gare sportive e dono della dea Vittoria che porgeva questo ramo d’alloro intrecciato agli eroi.
Il Paris Brest è quindi un dolce realizzato proprio per festeggiare una delle prime gare ciclistiche di Francia, una corsa di circa 1200 chilometri la cui prima edizione, avvenuta nel 1891, ebbe più di 400 iscrizioni, un successo dovuto proprio alla popolarità del biciclo, la bicicletta moderna, nata nella sua versione moderna nel 1860.
Questo dolce è la combinazione di due basi della pasticceria classica che compongono questa forma evocativa: la pasta choux e la crema mousseline.
Per la pasta choux le ricette da seguire sono molteplici e tutte con un equilibrio chimico tra acqua, uova, burro e farina. Dario Bressanini dice che questi ingredienti sono pensati proprio per realizzare una “bolla gigante che deve intrappolare più vapore possibile e nel dire ciò mette in chiaro che la scelta della farina da utilizzare è importante in quanto per intrappolare il vapore che gonfierà lo choux deve essere in grado di assorbire la maggior quantità di acqua. Per questo è necessario utilizzare una farina ad alto contenuto di glutine, per intenderci le farine adatte per la pizza o per il pane che, insieme alle proteine delle uova rendono elastica la pasta che si gonfia al calore della cottura senza rompersi.
La crema mousseline è invece una crema che a sua volta ha come base una crema pasticcera con l’aggiunta di burro; è una crema che mantiene bene la forma e nel Paris Brest è introdotta tra le due metà della corona di pasta choux con una sac-à-poche con il beccuccio rigato in modo da dare alla crema una superficie striata.
Nella pasticceria Durand dove il Paris Brest è nato il dolce aveva una dimensione tra i 30 e i 50 centimetri e veniva venduto a trance.
Il mio Paris Brest ha invece una dimensione piccola, quasi da donuts, riempito non di crema mousseline, un po’ troppo pesante per il caldo di questo periodo, ma da una crema chantilly aromatizzata alla vaniglia con pezzetti di fragole che ancora si trovano, e una copertura croccante di zucchero invece delle scaglie di mandorle della versione originale del dolce.
Tutti questi cerchi dorati mi fanno venire in mente uno spazio quasi labirintico disegnato dall’architetto del paesaggio statunitense Martha Schwartz, la Jacob Javits Plaza a New York, una piazza urbana la cui superficie ricopre un parcheggio.
La piazza è interamente occupata da un disegno di panchine che in forma circolare chiusa o aperta tracciano come dei ricami sulla superficie scura della pavimentazione, come a simulare un ricordo dei disegni dei parterres storici dei giardini francesi di epoca rococò.
Le panchine come gli altri arredi prendono spunto dal design degli oggetti dalle forme familiari dell’arredo urbano di Central Park, ma li reinterpreta in senso ironico con le forme e i colori esagerati, sgargianti, flou.
La Schwartz in questo modo commenta il fatto che a New York aleggia ancora in modo forte il fantasma di Olmsted, il padre di Central Park, e riflette sul come la Grande Mela sia comunque aperta a tutte le forme di arte e alle esplorazioni in architettura tranne che nell’architettura del paesaggio, campo nel quale si hanno pochi sostegni culturali ed economici. Ma era il 1997 e l’High Line non era in nessun pensiero o proiezione futura.
Chissà cosa direbbe la Schwartz oggi guardando i bei cestini in ghisa a forma di colonna corinzia che da decine di anni adornano il centro storico di Roma e che imperturbabili continuano a fare il verso, questa volta in assenza di ironia, alle nostre antichità.
ricetta del Paris Brest
per la pasta choux potete utilizzare questa ricetta
si tratta di realizzare dei piccoli cerchi con la pasta choux che ho ricoperto di granella di zucchero
per la crema chantilly ho montato 250 ml di panna fresca con qualche goccia di essenza naturale di vaniglia e due cucchiai di zucchero a velo.
il dolce è stato assemblato tagliando in due i cerchi di pasta choux che sono stati riempiti dalla chantilly e con fettine sottili di fragole.
???
Apprezzo molto questo articolo per i suoi approfondimenti storici e per le “libere divagazioni” che danno il tocco personale. Grazie! E, confesso, ho un debole per le monoporzioni o simili 🙂
Grazie Antonella, grazie!